ECONOMIA DI MERCATO E PENSIERO LIBERALE
Una cosa
che sento dire spesso da alcuni è che i nostri problemi globali sono
stati determinati dal liberismo, mentre da altri sento dire che i nostri
problemi globali derivano dalla sua mancanza.
Una delle due affermazioni è falsa, ma potrebbero esserlo entrambe.
In
realtà il mercato mondiale si muove sulla base di logiche che sono di
mercato, nel senso che ciascun operatore economico di ciascun paese
offre le merci o servizi che sa offrire e qualcuno le compra, dopo
averle comparate con l'offerta di altri operatori, ma è altrettanto vero
che esistono fenomeni distrosivi vistosi di questa libera concorrenza,
determinati dalla concentrazione dei capitali che controllano le
attività produttive su scala anche internazionale.
Il mercato,
come la vita biologica, porta in sè il germe della sua stessa fine : la
tendenza al monopolio. La necessità di rafforzarsi e crescere porta
inevitabilmente gli operatori più forti a disfarsi dei più piccoli,
costringendoli a chiudere o relegandoli in nicchie di mercato che non
disturbino significativamente il "core business".
Nessun giudizio
etico su questo : è naturale che sia così, ma a chi è utile ? L'idea di
mercato del pensiero liberale si basa sulla necessità della concorrenza.
Questa combatte le tendenze monopolistiche, in linea di principio, ma
ha armi deboli, e viene spesso e volentieri sconfitta. Chi può aiutare
il mercato in questa sua lotta per la affermazione ? La politica.
La
politica vorrebbe e dovrebbe essere l'espressione di un supposto BENE
COMUNE dei popoli, o almeno di specifiche popolazioni, non essendo
immaginabile una sola politica "globale" !
Quindi la politica deve
ricondurre le tendenze monopolistiche del mercato entro il canale delle
REGOLE, cioè di strumenti che tendano a rendere non conveniente sotto il
profilo economico la concentrazione. Niente di più difficile !
Ma
non basta : la concorrenza perfetta non si cura del BENE COMUNE ! La
concorrenza perfetta mette gli operatori economici gli uni contro gli
altri, chiunque essi siano, e vincano i migliori. Pazienza se i migliori
sono tutti concentrati in una medesima area geografica, e pazienza se
la competititvità si fonda su strumenti non propriamente etici !
Il
socialismo se ne frega della concorrenza, anzi, ne diffida. Partendo da
un'idea di stampo religioso del bene comune e dalla presunzione di un
essere umano sempre perfettibile, orientato a produrre non a suo
vantaggio ma a vantaggio della collettività, assume che un sistema
economico orientato al bene comune possa prescindere dalla concorrenza.
Da qui alla produzione di stato, di sovietica memoria, il passo è breve.
Sorvolo sui risultati ...
Le società occidentali, sopratutto europee, sono un mix inestricabile di socialismo e di mercato.
In
qualche modo va anche bene così, perchè abbiamo appena visto che
ciascun approccio ha in sè dei punti deboli, e non da poco, ma forse
questo mix un poco caotico si dovrebbe razionalizzare, abbandonando
tanto le soluzioni collettiviste che quelle turboliberiste, provando ad
immaginare una forma moderna di "economia sociale di mercato", che stia
con i piedi per terra, consapevole di ciò che muove lo "homo economicus"
e consapevole anche del fatto che le infinite differenze tra gli uomini
vanno rispettate facendo in modo che l'economia non diventi strumento
di povertà per tanti e di ricchezza per pochi, cosa che non corrisponde
all'interesse globale dell'umanità.
Giustissimo, ma non si può non ricordare, anche, che fior fiore di teorici del liberalismo, a partire dal nostro presidente Luigi Einaudi, hanno segnalato che il mercato non è presente e funziona in tutti i campi della nostra vita, ma solo dove esiste una equilibrata distribuzione di domanda e di offerta. Per un indigente, per un malato, per un padre di famiglia senza lavoro e con 3,4,5 figli o familiari a carico, per la popolazione di uno stato invaso (fisicamente o economicamente) da uno stato estero .... spesso non esiste capacità di offerta per garantirsi il minimo indispensabile per una vita dignitosa in un tempo ragionevole (nel lungo periodo saremo tutti morti - ricordava lord Keynes). Questo NON può, dicevano buona parte dei teorici del Liberalismo - anche se effettivamente non tutti - essere gestito dalle sole regole del mercato.
RispondiEliminaLa vita dell'Uomo è più estesa di quella che coinvolge il solo homo oeconomicus ... come spesso ci ricorda anche Papa Francesco, spazia ben oltre le diatribe del liberalismo o quelle che riguardano liberalismo, socialismo, ecc...
Il tuo commento mi pare allineato con il pensiero espresso nel post. Non rilevo contraddizione. Le teorie economiche liberiste non sono ETICHE, nel senso che non tengono conto dell'essere umano con le sue fragilità, ma sono semplicemente tecniche, e spesso fondate anche su presupposti teorici, o superati.
RispondiEliminaQuindi si, occorre tenere conto della parte fragile della popolazione, senza però farne una bandiera, senza cioè condizionare l'intera società alla fragilità, vorrei dire di pochi, ma pochi non sono, che lungi dal rimuovere le cause di questa fragilità la incrementano.