C'è una
cosa che va chiarita una volta per tutte : chi paga le tasse sono solo,
soltanto e sempre i CONSUMATORI. Non è vero, dirà qualcuno, anche le
imprese ed i professionisti pagano le tasse.
Certo, ma è un costo che viene trasferito sui consumatori, SEMPRE !
Infatti
la formulazione del prezzo di un prodotto o di un servizio tiene conto
di tutti i fattori di costo, incluso quello della fiscalità. L'impresa
come il professionista hanno come obiettivo un utile netto, dopo tasse,
cioè i soldi che restano in tasca. A parità di altri costi, più tasse
sull'impresa = maggior prezzo. Ma allora perchè le imprese si lamentano
di pagare troppoe tasse? Se poi le trasferiscono sui consumatori ...
Il
problema non sta nelle tasse che pagano, ma nel fatto che qualcuno le
paga e qualcuno no, qualcuno le paga più alte e qualcuno più basse, a
parità di prodotto, e inoltre, visto che le tasse gravano sul prezzo al
consumatore, più tasse = prezzo più elevato = prodotto meno attraente
per il consumatore, ergo meno vendite, meno fatturato, meno utile netto.
Le differenze fiscali da territorio a territorio DISTORCONO LA CONCORRENZA.
Il
problema della fiscalità applicata alle imprese è questo e solo questo :
la distorsione della concorrenza. Questo è uno dei fattori di
distorisione della concorrenza ; l'altro è il costo del lavoro, che a
sua volta dipende anche, ma non solo, dal trattamento fiscale applicato
ai cittadini lavoratori dallo stato in cui lavorano.
Da
questa banale osservazione consegue che in chiave di politica economica
tassare le imprese è un errore fatale, perchè riduce la competitività
delle imprese nazionali rispetto a quelle straniere, incentiva
l'evasione o l'elusione fiscale, fattore distorsivo della concorrenza, e
tende a contenere i consumi, a causa del carico fiscale sui prezzi al
consumo.
I
soli fattori economici da sottoporre a pressione fiscale sono il
reddito individuale, che dovrebbe essere tuttavia quello disponibile,
cioè quello che eccede le necessità elementari di sopravvivenza, ed il
consumo, come già accade con l'IVA, che potrebbe essere differenziata
più di quanto non sia ora e sulla quale il contrasto all'evasione
dovrebbe essere severo ed efficace, come quello sul reddito disponibile,
altrimenti lo Stato non dispone dei mezzi economici necessari per far
fronte alle necessità collettive.
Quindi una politica economica orientata allo sviluppo DEVE significare ZERO TASSE SULLE IMPRESE !
Attuare
una tale coraggiosa politica economica richiede anche che l'utile
d'impresa possa venire accertato con sicurezza, e non trasferito dove la
fiscalità sul reddito delle persone fisiche sia più generosa rispetto
al paese dove il reddito è stato prodotto.
Farlo
non è poi così difficile : basta offrire la ZERO TAX soltanto alle
imprese che accettano di avere letteralmente il FISCO IN CASA, per
accertare ricavi e costi, quindi il reddito e la sua distribuzione.
In
queste condizioni fiscali tutto il reddito che NON viene distribuito
non è soggetto ad imposizione fiscale, per cui contribuisce a
capitalizzare l'impresa. L'imposizione fiscale grava soltanto sul
reddito distribuito, ed a questa categoria debbono necessariamente
appartenere tutti gli acquisti fati dall'impresa che non siano
strettamente correlati con lo scopo sociale de'impresa.
Un'auto di lusso non serve all'impresa, ma è consumo da reddito di chi la usa.
Analogamente per altri beni.
Se
una tale politica economica venisse coraggiosamente messa in atto,
farebbe cambiare faccia al nostro paese, attirando investimenti
dall'estero, oltre che investimenti locali, stimolando una crescita che
davvero potrebbe essere a due cifre.
Qualcuno
dirà che in questo modo crollerebbero le entrate dello Stato ; neanche
per idea. Le tasse vengono pagate comunque attraverso redditi e consumi;
è solo il canale di convogliamento della fiscalità che cambia, col
risultato di stimolare però l'economia e quindi aumentare ricchezza
prodotta ed entrate fiscali.
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