LEZIONI
DI ECONOMIA ELEMENTARE
Per chi pensa che l'economia sia mettere le monetine nel salvadanaio, per chi crede che i soldi siano una merce, per chi non ha proprio le basi minime del funzionamento di questa COSA che non sarà una scienza, ma non è neppure biada per capre.
Per chi pensa che l'economia sia mettere le monetine nel salvadanaio, per chi crede che i soldi siano una merce, per chi non ha proprio le basi minime del funzionamento di questa COSA che non sarà una scienza, ma non è neppure biada per capre.
- I SOLDI
- VALUTE, RAPPORTI DI CAMBIO E SVALUTAZIONI
- IL SISTEMA BANCARIO
- AZIONI, OBBLIGAZIONI, BUONI DEL TESORO, TITOLI DERIVATI
- LE TASSE
- SPESA PUBBLICA, DEFICIT E PIL
Non è facile cercare di
riassumere in poche parole, quelle che il lettore medio riesce a
sopportare, un insieme di nozioni sulle quali si sono scritti interi
volumi.
Ed è questo il guaio : quei volumi non li legge nessuno, forse neppure quelli che dovrebbero …
Da dove iniziare ? Proviamo dai soldi …
Ed è questo il guaio : quei volumi non li legge nessuno, forse neppure quelli che dovrebbero …
Da dove iniziare ? Proviamo dai soldi …
I
SOLDI
All'inizio della Storia umana non esistevano. Ogni essere umano si procurava con le sue stesse mani quanto gli serviva, essenzialmente cibo, fabbricando, sempre con le sue mani, qualche attrezzo elementare che lo aiutasse ad uccidere le prede, a scuoiarle, a rivestirsi con la loro pelle.
Mano a mano che i gruppi
umani si sviluppavano, cominciarono a dividersi il lavoro : tu
fabbrichi archi, io fabbrico frecce, e cominciarono a scambiarsi gli
oggetti, archi, frecce, ….. ecc
In che modo? Negoziando.
Tante frecce in cambio di tanti archi. E non sempre ci si metteva
d'accordo. Perché? Perché la percezione del VALORE di chi produce
le frecce è diversa da quella di chi produce gli archi. Dieci frecce
per un arco, dice il produttore di frecce; no, venti, dice il
produttore di archi.
Era il baratto. Ma quanto valeva una freccia, o un arco ? Chi lo sa ! Non esisteva un modo univoco per assegnare un valore alle cose. Il solo modo possibile era il valore di scambio, quanto dell'uno per quanto dell'altro. Quando le cose da scambiare divennero molte il baratto divenne estremamente complicato : serviva una merce di riferimento, e venne trovato l'oro.
Questo
metallo aveva dei pregi : era incorruttibile (non si ossida) ed era
SCARSO in natura.
La
scarsità dà VALORE alle cose. L'erba, lontano dalle zone
desertiche, è tanta, ed ha poco valore.
La sabbia, nei deserti, è infinita, e non ha alcun valore.
La sabbia, nei deserti, è infinita, e non ha alcun valore.
La
scarsità dell'oro lo trasformò in MONETA ! Le monete antiche non
avevano più o meno valore in funzione dell'effige imperiale su
queste impressa, ma solo in funzione del loro PESO in oro.
Certo, non bastava. Erano di oro puro? O leghe di oro e rame? E chi lo sa …
Certo, non bastava. Erano di oro puro? O leghe di oro e rame? E chi lo sa …
Ci
voleva una Garanzia : quella di una ZECCA, cioè di un ente
credibile, di STATO, che coniasse quelle monete in ORO “zecchino”.
Ma
ogni moneta d'oro valeva MOLTO (scarsità) e quindi era poco idonea
agli scambi economici di merci di poco valore (cioè non così
scarse). Fu così che vennero coniate anche monete di altri metalli,
come il bronzo. Il bronzo non valeva molto, ma se le monete erano
coniate dalla ZECCA di Stato, e solo da questa, restavano
relativamente “scarse” e rigidamente collegate al valore della
moneta aurea. 20 monete di bronzo per una d'oro, ad esempio.
Con
l'avvento della produzione di carta e poi della stampa, il passaggio
da moneta a banconota diventa automatico. Ma COSA attestava il valore
di quelle monete bronzee o cartacee ?
La
loro convertibilità in oro: 20 monete di bronzo per una d'oro.
In
teoria, e qualche volta anche in pratica, chi possedeva abbastanza
monete di bronzo poteva convertirle in un numero inferiore di monete
d'oro. Questa convertibilità durò a lungo, sino a quando il
presidente statunitense Richard Nixon, il 15 agosto 1971, annunciò a
Camp David la sospensione della convertibilità del dollaro in oro.
Già, perché i soldi non bastano mai, specie quando si fanno le
guerre, e l'oro, come già detto è SCARSO.
Da
allora “stampare soldi” è diventato un hobby statale molto
diffuso.
PRIMA, ad ogni Dollaro stampato doveva corrispondere una precisa quantità di ORO.
Così per tutte le altre valute. Ora non più, e l'oro è tornato ad essere una merce.
PRIMA, ad ogni Dollaro stampato doveva corrispondere una precisa quantità di ORO.
Così per tutte le altre valute. Ora non più, e l'oro è tornato ad essere una merce.
Ed
ecco IL PROBLEMA : gli scambi delle origini erano facilitati da un
riferimento CERTO di valore : l'ORO, che grazie alla sua scarsità
era un valore di riferimento stabile.
Le
valute moderne, invece, hanno un valore variabile, manipolabile,
slegato dalla scarsità, visto che la disponibilità mondiale di
denaro è immensa, e visto che si possono produrre, volendo, in
quantità illimitata. Questa assenza di riferimenti certi confonde le
idee alle persone.
I
soldi, siano essi banconote fisiche o CREDITO su un CC bancario,
vengono visti come se fossero una merce, e non un semplice tramite
per gli scambi.
Prima
di quel fatidico 15 Agosto 1971 ogni banconota rappresentava una
“cambiale” dello Stato, un “pagherò” in oro zecchino, a
vista, dietro semplice presentazione alla Banca.
Oggi
le banche non hanno in CASSA neppure l'intero importo dei versamenti
dei correntisti !
La
nozione di denaro è distorta, ma sono ancora SOLDI, quelli senza i
quali non puoi comprare nulla, non puoi sopravvivere.
Ciò
che però HA VALORE,
sia nell'età della pietra, che oggi, non sono i soldi,
cioè gli strumenti adottati per facilitare gli scambi, ma gli scambi
stessi, cioè le merci o servizi che gli esseri umani si scambiano.
Non è cambiato nulla nei millenni : il produttore di frecce vuole 10
$ per ogni freccia che produce e pensa che un arco non debba costare
più di 100 $ ; il produttore di archi pensa che il suo arco valga
200 $ se una freccia ne deve costare 10 …
Certo
che se il produttore di frecce si accontentasse di 5 $ a freccia,
forse anche lui potrebbe cedere il suo arco per 100 $ … ma il
produttore di frecce è ostinato …
Si
può ben capire che qui il problema non è che la valuta usata per lo
scambio sia il $ oppure una diversa valuta : il problema è che il
produttore di archi è disposto a cederlo solo in cambio di 20
frecce, non di 10. E' il rapporto di valore che conta.
L'arco
e la freccia, in sé, non hanno alcun valore assoluto. Come risolvere
il problema ?
Un
modo frequente è cercare di truccare le carte in tavola : il
produttore di frecce produce in un paese con una valuta collegata al
$ : supponiamo Pesos. 1 $ = 1 Peso.
Da
domani il Governo stabilisce che 1 $ = 2 Pesos. Il prezzo delle
frecce era di 10 Pesos = 10 $.
Ma col nuovo cambio 10 Pesos sono 5 $. Il produttore di archi (in un altro paese) ha risolto : può scambiare il suo arco, che vale per lui 20 frecce, con 200 Pesos, cioè 100 $. Il produttore di frecce dovrebbe essere contento : un arco per i 100 $ che lui voleva pagare, ma poi scopre che per 100 $ deve produrre 20 frecce, non solo 10. Eppure la sua valuta adesso è più competitiva !
Ma col nuovo cambio 10 Pesos sono 5 $. Il produttore di archi (in un altro paese) ha risolto : può scambiare il suo arco, che vale per lui 20 frecce, con 200 Pesos, cioè 100 $. Il produttore di frecce dovrebbe essere contento : un arco per i 100 $ che lui voleva pagare, ma poi scopre che per 100 $ deve produrre 20 frecce, non solo 10. Eppure la sua valuta adesso è più competitiva !
La
svalutazione non lo ha aiutato a stabilire un diverso rapporto di
scambio, nonostante il fatto che il produttore di archi gli sia
venuto incontro, dimezzando il prezzo iniziale, da 200 a 100 $.
Se il produttore di archi avesse mantenuto il suo prezzo, di frecce ce ne volevano 40 …
Davvero un bell'affare la svalutazione …
Se il produttore di archi avesse mantenuto il suo prezzo, di frecce ce ne volevano 40 …
Davvero un bell'affare la svalutazione …
Tutto
questo dovrebbe far capire come siano privi di fondamento tutti i
discorsi sulle valute sovrane, sul valore di cambio competitivo, ecc,
ecc. Ciò che conta è il valore di SCAMBIO attribuito alle merci,
realizzato con il tramite di una valuta, una qualsiasi.
VALUTE,
RAPPORTI DI CAMBIO E SVALUTAZIONI
In questo mondo di SOLDI si usano le VALUTE, più o meno una per ogni organizzazione statale.
Sono
anche chiamate monete “sovrane”, perché in passato erano emesse
dal Sovrano, cioè comunque dallo Stato, in una forma o nell'altra.
Unica eccezione l'€, che è moneta condivisa da più stati, ma
anche il $, tutto sommato, è una moneta condivisa tra più stati, se
è vero che gli USA sono “Stati Uniti” d'America.
Sappiamo
che ogni valuta ha un diverso valore rispetto all'altra : diciamo che
c'è un rapporto di cambio. Oggi 1 € vale 1,07 $, ed ha toccato il
valore di 1,5 $ per ogni €.
Quindi
l'€ si è “svalutato” rispetto al $, oppure, viceversa, il $ si
è rivalutato rispetto all'€.
Come
e perché ? Cosa significa?
Parlando
dei soldi abbiamo detto che una valuta vale l'altra e che ciò che
conta è il “rapporto di scambio”
tra le merci. Poiché, però, le merci da scambiare sono infinite, è
impossibile stabilire un rapporto di scambio se non passando
attraverso uno strumento di tramite come le valute.
Per
effettuare delle transazioni economiche non importa quale sia la
valuta : le parti in gioco stabiliscono la valuta di scambio e
negoziano sulla base di quella. Si possono usare, in ambito
internazionale, le valute che si preferisce, più spesso Dollari. Il
prezzo in quella valuta è il risultato dell'incontro tra la domanda
del bene e la sua offerta. Cambiando valuta, cambia il numero che, in
quella valuta, esprime il medesimo prezzo.
Se
la Germania quota un macchinario in $ alla Cina, visto che il $ NON è
la moneta della Germania, e neppure quella della Cina, la sola cosa
che interviene nella transazione economica è il valore attribuito
dalle parti a quel bene, espresso in Dollari, e dando al Dollaro un
potere d'acquisto su base locale, tedesca e cinese, che le parti
giudicano liberamente. In questa transazione non sono intervenuti l'€
o il Renminbi cinese.
Tuttavia
sia la Germania che la Cina usano, al loro interno, per gli scambi
interni, i pagamenti della spesa pubblica, degli stipendi, le tasse,
ecc una diversa valuta locale. Perché ? Non basterebbe usare il $ o
qualsiasi altra moneta comoda per gli scambi internazionali ?
Le
ragioni, neppure mai, volutamente, chiarite e rese trasparenti hanno
a che vedere con l'esercizio del Potere Statale sui suoi cittadini,
manovrando una LEVA importante : la valuta locale.
Equivale
a dire : io Stato decido che valore avranno i redditi dei miei
cittadini, sovrapponendomi alla loro libera scelta. Infatti
manovrando la leva valutaria, lo Stato può alterare il potere
d'acquisto, e quindi il valore, della valuta locale, agendo su alcuni
elementi che la caratterizzano.
Significa
che il fabbricante di frecce che vuole 100 $ in cambio di 10 frecce
viene costretto a ridimensionare i suoi desiderata, perché il prezzo
di 10 Pesos per freccia, uguale a 10 $ per freccia viene svalutato
dallo Stato. Il prezzo resta 10 Pesos per freccia, ma 10 Pesos adesso
corrispondono a 5 $, non più a 10 $, e quindi il potere d'acquisto
del produttore è dimezzato.
Lui
rimedia subito : raddoppia il prezzo ; 20 Pesos per freccia = 10 $.
Ma
non tutti possono comportarsi così. Chi vive di stipendio,
lavoratori dipendenti del settore privato come del settore pubblico,
non possono raddoppiarsi lo stipendio. Il loro costo del lavoro
viene dimezzato, e così il loro potere d'acquisto nei confronti di
qualsiasi merce estera, ma anche nei confronti del produttore di
frecce, che ha portato il prezzo a 20 Pesos.
Certo,
non tutti i produttori possono raddoppiare subito i prezzi, ma poco
alla volta lo fanno, cercano di recuperare quel valore di scambio che
loro attribuiscono alla loro produzione.
Una
volta recuperato, loro sono FORSE nella condizione di prima ; i
lavoratori no.
FORSE,
perché se il potere d'acquisto dei lavoratori è sceso, anche i
produttori venderanno di meno, e quindi c'è una perdita secca per
tutti.
Un
altro effetto della svalutazione monetaria è quello di svalutare i
patrimoni liquidi.
Se
un correntista aveva 100'000 Pesos sul suo CC, equivalenti a 100'000
$, dopo la svalutazione ha sempre 100'000 Pesos, ma al cambio in $
sono solo 50'000 $. Tutte le merci di importazione costano il doppio.
Non solo : visto che i produttori locali cercano di recuperare il
loro potere di acquisto mirando al raddoppio dei prezzi,il risultato
nel breve-medio termine è che quel patrimoni ha perso il 50% del suo
potere d'acquisto: è dimezzato.
Attenzione
: la SVALUTAZIONE decisa dallo Stato è un furto. Infatti il valore
precedente la svalutazione rappresentava il corrispettivo di un
valore REALE (10'000 frecce).
Dopo
svalutazione con quel capitale si potranno acquistare solo 5000
frecce.
Il
peggio è che la differenza di valore non si trova neppure nelle
tasche dello stato ! Se la cerchi non c'è; il ladro non ha più la
refurtiva. Infatti quel VALORE, frutto di attività economica, si è
in parte dissolto nel nulla, o almeno così sembra.
Così
SEMBRA …. Infatti dobbiamo chiederci come sia stato possibile
“svalutare” la moneta locale, ed anche “perché” lo si sia
voluto e potuto fare.
Una
moneta locale, “sovrana”, perde valore per precisi motivi :
- troppa abbondanza ; se la moneta è “sovrana”, cioè può venire stampata dallo Stato, questo può pagare una parte delle sue spese, di personale pubblico e non, STAMPANDO valuta che prima non c'era. Insomma, invece di usare i soldi delle tasse, stampa della valuta. Lo fa perché i soldi delle tasse non gli bastano.Infatti ci sono solo tre scelte possibili per lo Stato :- usare le tasse per raccogliere soldi- stampare carta moneta- indebitarsiIn genere gli stati fanno tutte e tre le cose, in rapporti variabili : tassano, stampano soldi e si indebitano.
- Usare le tasse, E BASTA, per raccogliere soldi, non cambia il valore della moneta: questa viene soltanto redistribuita, tra i dipendenti pubblici ed i fornitori dello Stato.
- Stampare carta moneta in apparenza non toglie soldi ai produttori di valore, permette di pagare i dipendenti pubblici ed anche i fornitori pubblici. Ma con CHE COSA ? Con dei soldi che NON VALGONO NULLA, perché sono FALSI, in quanto non corrispondono a ricchezza prodotta. Però, siccome sono indistinguibili da quelli veri, diventano veri, emessi dallo Stato, e compensano le transazioni economiche. Ma cosa accade ? Ne circolano di più. Tanta gente che in assenza di quei soldi non avrebbe potuto comperare merci, ha i soldi per comperarle. Questo stimola la domanda di merci, e la loro produzione. La maggiore facilità di acquisto, cioè lo stimolo della domanda in assenza di un corrispettivo di valore prodotto, produce la cosiddetta INFLAZIONE ! Infatti i produttori, in genere, non hanno interesse a produrre di più, ma a guadagnare di più, a parità di produzione. Produrre di più è UNO SFORZO per il produttore, richiede suoi investimenti, assunzioni di personale, maggiori costi, ecc. Perché mai farlo ? La domanda preme ; sarà disposta a pagare di più quello che vuole. Il processo inflattivo, con aumento dei prezzi, si propaga rapidamente a tutti i prodotti, perché ogni produttore vuole recuperare il suo potere d'acquisto.Quando TUTTI i prezzi salgono è come dire che il valore della valuta scende. Il rapporto di cambio di quella valuta rispetto ad altre valute ne risente. Il prezzo delle merci, espresso in una diversa valuta, può anche non cambiare: infatti quella valuta ha conservato la sua relativa “scarsità” , almeno in rapporto alla valuta locale.Una possibile obiezione è : se il produttore non fosse AVIDO risponderebbe ad una domanda crescente con una offerta crescente di merce, a prezzo costante.Certo, se il produttore non fosse umano, se produrre equivalesse a schiacciare un pulsante e la merce cominciasse a scorrere come l'acqua … Ma così non è, né potrà mai essere.E se anche i produttori fossero così GENEROSI, significherebbe che ALTRI, semplicemente stampando carta moneta, potrebbero acquistare qualsiasi cosa dai produttori GENEROSI, in quantità illimitata. Ma i produttori perché mai dovrebbero farlo, lavorando, invece di passare anche loro dalla parte dei “compratori facili” che si stampano i soldi a piacere ?
- Indebitarsi : le tasse non bastano, non si vuole stampare carta moneta, o non si vuole stamparne troppa, ed allora si chiedono soldi in prestito. Nessuno presta soldi per niente : lo fa per un “interesse”, cioè un premio che il debitore paga al creditore, su base periodica, sino al rimborso del debito, Premio espresso come percentuale annua del valore prestato. Quanto? Dipende dal RISCHIO ! Se il debitore è un cattivo pagatore, è già indebitato sino al collo, non produce valore, cioè ha difficoltà a procurarsi soldi guadagnati, restituirà il debito a scadenza oppure no? Il rischio ha un suo prezzo. Se il rischio è basso, il creditore si può accontentare di un premio basso, ma se il rischio è alto …Il debito di uno Stato, se è molto elevato, aumenta il rischio di insolvenza del debitore, che è costretto a fare sempre nuovi debiti anche per pagare gli interessi crescenti sul debito pregresso. Più aumenta il debito, meno affidabile diventa il debitore, più aumentano gli interessi, in una spirale senza fine. Grecia insegna, ma non solo.Quanto vale la moneta di uno stato molto indebitato? Sempre meno. Infatti il valore che quella moneta esprime è sempre meno idoneo a far sperare che il debito possa essere saldato. La valuta locale perde terreno, si svaluta, e svalutandosi stimola l'inflazione interna, perché i produttori cercano di recuperare potere d'acquisto espresso in quella valuta.Alla fine il paese si avvita e fallisce, gettando sul lastrico la sua intera popolazione.
IL
SISTEMA BANCARIO
Negli
ultimi anni non gode di molte simpatie. Però delle banche è
difficile fare a meno.
Ma
che FUNZIONI hanno, o dovrebbero avere ? Essenzialmente due :
a)
Custodire i valori di risparmiatori
b)
Prestare soldi a chi ne ha bisogno, a fronte del pagamento di un
interesse.
Nel
corso del tempo la struttura interna delle banche ed il modo in cui
gestiscono i valori “depositati” è cambiata parecchio.
La
funzione a) è quella primigenia : custodire in CASSAFORTE per
proteggere dai furti, più facili nelle abitazioni private. La
seconda deriva dalla prima : disponendo di valori depositati, li
presta a terzi, avendo un implicito assenso dei depositanti, i quali,
a fronte della custodia, non solo avevano la SICUREZZA dalle
aggressioni ma anche un INTERESSE attivo, pagato dalla banca ai
depositanti. Il pagamento di questo “interesse” ha infatti finito
col configurare il deposito come un prestito, invece. Infatti il
“deposito” dovrebbe rappresentare un costo per il depositante,
non una rendita. La rendita caratterizza i prestiti, e nei fatti i
depositi sono diventati tali : prestiti alle banche.
Peccato
che negli ultimi anni l'interesse a fronte di questi prestiti si sia
AZZERATO.
Le banche si fanno prestare i soldi in cambio di nulla, salvo la custodia. E con l'interesse a zero sopravvivono invece i COSTI di tenuta del CONTO per il cliente della Banca. Quindi il cliente paga il deposito, come se fosse veramente tale, ma non lo è, perché le banche non sono più tenute a disporre, pronta cassa, del 100% del valore dei depositi, ma soltanto di una percentuale minima, la cosiddetta RISERVA FRAZIONARIA.
Le banche si fanno prestare i soldi in cambio di nulla, salvo la custodia. E con l'interesse a zero sopravvivono invece i COSTI di tenuta del CONTO per il cliente della Banca. Quindi il cliente paga il deposito, come se fosse veramente tale, ma non lo è, perché le banche non sono più tenute a disporre, pronta cassa, del 100% del valore dei depositi, ma soltanto di una percentuale minima, la cosiddetta RISERVA FRAZIONARIA.
Quello
della riserva frazionaria è un problema non da poco : significa che
se io presto ad una banca 1000 € (cioè li deposito sul mi CC) la
banca conserverà in “cassaforte” soltanto una frazione di quei
1000 €, perché il resto li potrà investire come meglio crede,
cosa NORMALE, se è vero che si tratta di un PRESTITO, ma è un
prestito che, contrariamente ai prestiti in genere, come i Buoni del
Tesoro ed le Obbligazioni in genere, NON ha scadenza ! Io verso OGGI
e potrei voler ritirare tutto DOMANI. Si può fare, ma a condizione
che non lo facciano TUTTI al medesimo momento, perché i soldi NON CI
SONO, perché sono stati prestati ad altri, investiti.
Questo
meccanismo, se la riserva frazionaria fosse consistente, sarebbe
legittimo ed anche strutturale all'esistenza stessa della banca,
perché se la banca non presta i soldi dei depositanti, quali soldi
dovrebbe mai prestare ? Una VERA banca dovrebbe disporre dei soli
soldi dei depositanti, non di importanti risorse proprie, perché la
sua funzione dovrebbe essere quella di custodia e poi di prestito di
quei valori custoditi, a fronte di un interesse creditore che
dovrebbe remunerare i depositanti, che hanno prestato i loro soldi.
Niente di tutto questo.
La
riserva frazionaria è trascurabile, e le banche usano i soldi dei
depositi per prestare secondo i propri criteri, spesso criteri
politicamente influenzati, come ha dimostrato la vicenda di MPS.
Ed
oltre ai prestiti, la banca fa anche TRADING per conto suo, con
compra-vendita di titoli sul mercato, BTP in primo luogo. Ma non solo
: anche titoli DERIVATI, pericolosissimi.
In
pratica la banca è diventata col tempo una azienda finanziaria, che
riceve soldi dai cittadini in cambio di nulla che non sia la custodia
ed i servizi di pagamento.
Con
questi soldi la banca opera come un commerciante di valori
finanziari, e guadagna o perde soldi, secondo l'andamento del
mercato, e la capacità dei suoi operatori.
Quindi
il cittadino PRESTA SOLDI a delle aziende, anche molti soldi, in
cambio di poco, ma non esiste una diversa alternativa, salvo tenere
banconote nel materasso, ed oggi neppure quello, perchè i pagamenti
di grosse somme NON possono, per legge, essere fatti in contanti.
In
sostanza i rapporti tra cittadini e banche sono diventati meri
rapporti di debito/credito, con il cittadino correntista “creditore”
nei confronti della banca, e qualche volta “debitore” se si fa
prestare lui dei soldi dalla banca.
Il
contante in un sistema così concepito è sempre meno rilevante,
sempre meno impiegato, se non per piccoli pagamenti e quando si
voglia rendere NON TRASPARENTE un pagamento, visto che passando dal
canale bancario tutti i pagamenti sono tracciati.
La
banca è un operatore RISCHIOSO, come recenti fallimenti e salvataggi
di banche ci hanno mostrato. Ci sono autorità di vigilanza che
impongono alle banche REGOLE di funzionamento e garanzie di
correttezza e solvibilità dei loro bilanci, ma a conti fatti questi
controllori controllano poco, o sono conniventi.
Da
più parti quindi si levano voci che chiedono un ritorno al vecchio
sistema delle “banche commerciali” separate dalle “finanziarie”.
Significa riportare alcune banche al loro ruolo primigenio di
salvadanai e prestatori prudenti, azzerando o quasi i rischi di
insolvenza, lasciando ad altre entità specializzate il gioco di
compra-vendita di titoli finanziari, più o meno rischiosi.
In
questo modo i cittadini con bassa propensione al rischio userebbero
soltanto le “banche commerciali” mentre gli altri potrebbero
investire i loro soldi attraverso le finanziarie specializzate.
Vale
la pena di menzionare che il sistema è opaco in quanto le maggiori
banche hanno confinato le attività puramente finanziarie in altri
soggetti giuridici, di cui però detengono il capitale di controllo,
se non il 100%, per cui se quei soggetti vanno nei guai, anche la
banca MADRE va nei guai. Su tutto questo giro di soldi il cittadino
consumatore ha un controllo pari a zero.
AZIONI,
OBBLIGAZIONI, BUONI DEL TESORO, TITOLI DERIVATI
E'
il grande mondo della FINANZA. Non produce NULLA che sia materiale,
che si possa mangiare, indossare, abitare, ecc, ecc. Muove i SOLDI.
Muovere
i soldi NON vuol dire PRODURRE soldi ! Eppure in finanza c'è chi
guadagna cifre da capogiro. Si tratta però di soldi che qualcuno ha
perduto, e qualcun altro ha guadagnato.
Qualcuno
potrebbe dire : non è vero ; se il valore di una azione sale, chi la
possiede “guadagna soldi”. No. “Potrebbe” guadagnare soldi,
ma lo saprà nel momento in cui vende quelle azioni, il cui valore di
mercato non è mai costante. Sino a quando non lo fa è un guadagno
“atteso”, non intascato.
Ma
supponiamo che abbia acquistato un “titolo” (azioni,
obbligazioni, BTP, ecc) a 100 e lo rivenda a 120. Ha guadagnato 20.
Questo è vero. E chi ha comprato quel titolo a 120 ? Magari lo
rivenderà in futuro a 140, e guadagnerà 20 anche lui. Ed il nuovo
acquirente ?
Il
meccanismo non fa mai crescere il valore all'infinito : prima o poi
il valore scende, e l'ultimo acquirente perde i soldi che altri hanno
guadagnato.
In
un dato arco di tempo la partita potrebbe non essere alla pari :
voglio dire che i guadagni di quanti hanno guadagnato non pareggiano
necessariamente le perdite di quanti hanno perduto soldi.
Qui
gioca il fattore tempo: chi guadagna lo fa grazie ad una scelta di
tempo giusta, sulla pelle di chi invece sbaglia la scelta di tempo.
Ma
supponiamo che dopo X anni il saldo sia positivo : le somme
guadagnate superano le somme perdute. Vuol dire che i titoli X
valgono più di quanto valevano all'inizio del periodo di
osservazione.
Prima
osservazione : sino a quando quei titoli sono nel possesso di
qualcuno, non sono ancora un guadagno, ma un potenziale guadagno, che
si realizza soltanto al momento della vendita.
Supponiamo
che il loro valore resti costante nel tempo, da allora in poi.
L'ultimo
acquirente non guadagna nulla ma ha trasferito soldi nelle tasche del
venditore, incluso il suo guadagno. Come si vede c'è stato un
trasferimento di soldi, non la CREAZIONE di nuovi soldi.
Seconda
osservazione, relativa alle sole AZIONI : il loro valore rappresenta
il valore di mercato dell'azienda, secondo i potenziali acquirenti.
Non è esattamente la stess acosa del capitare sociale di una SRL,
che sono SOLDI, non azioni. Una SRL ha un capitale sociale, poniamo,
di 100'000 €, che tale è, e resta, se non viene intaccato. In una
SPA con un capitale azionario di 100'000 € , questa cifra è
suddivisa tra più soci, detentori di AZIONI, che possono essere
QUOTATE SUL MERCATO, cioè liberamente vendibili ed acquistabili in
BORSA. Possono esserci cittadini che offrono soldi per quelle azioni,
per acquistarle, e questo fa salire il loro valore unitario.
Può
accadere che, alla fine, quelle azioni passino di mano, e che il loro
valore di mercato arrivi a 200'000 €. Quei 100'000 in più sono
forse “entrati in azienda” ? Neanche per idea. Il mercato
azionario ha CREATO dal nulla 100'000 € in più in circolazione?
NO. Il valore di quelle azioni è un valore attributo ai titoli di
proprietà di quell'azienda. Se arrivasse un investitore che le
comprasse tutte, lui sborserebbe 200'000 € che andrebbero a
compensare lautamente gli azionisti, a spese sue !!
Non
sono stati creati nuovi soldi !!!
Quando
si dice che il mercato ha bruciato miliardi a causa del crollo di
alcuni titoli azionari, è una balla colossale, perché non è
cambiata la liquidità valutaria, ma sono solo stati spostati dei
soldi da un azionista all'altro, da chi deteneva le azioni al valore
ipotetico di 200 e le ha vendute a 100, dopo averle magari pagate 80,
quando le ha acquistate.
Questo
con le azioni. Le obbligazioni altro non sono che un debito a
scadenza fissa , remunerato con un interesse, mediante cedole a
scadenza fissa. Si tratta di debito “negoziabili”, cioè cedibili
come se fossero una merce. Il loro valore di mercato, che in genere
parte da 100, può scendere (98, 95, …) o crescere (102, 105, …)
in funzione della loro redditività (interesse fisso) determinata
all'atto dell'emissione.
Se
la redditività corrente di altri titoli sale, il loro valore di
mercato scende (altri titoli sono più appetibili perché rendono di
più), mentre se scende il loro valore di mercato sale (rendono
meglio di quelli attuali). Quando un titolo si avvicina a scadenza,
il suo valore tende a 100, perché il debitore, a scadenza,
restituirà 100, non 95 o 105.
I
Buoni del Tesoro altro non sono che obbligazioni emesse dallo Stato,
cioè dal Ministero del Tesoro. Sono analoghi a tutte le altre
obbligazioni, con la garanzia dello Stato che, in teoria, non può
fallire come una azienda, però ….
Una
cosa da notare è che i titoli sono “denominati” in una precisa
valuta, che può essere quella nazionale, oppure no. Se cambia il
valore di quella valuta sul mercato valutario, il detentore dei
titoli perde o guadagna per cambio, se vende quei titoli.
E
poi c'è il mondo dei DERIVATI ! In pratica si tratta di SCOMMESSE
che vengono comprate e vendute come se fossero merce. Si può
scommettere su qualsiasi cosa : indici di borsa, andamento del valore
delle materie prime, ecc, ecc. Queste scommesse sono complesse,
perché dotate di un effetto LEVA che consente di guadagnare molto,
se la scommessa viene vinta, di perdere molto, se la scommessa viene
perduta. I meccanismi sono spesso complicati, oscuri, e possono
ingannare l'investitore inesperto. Il loro uso da parte delle banche,
non solo come titoli proposti ai loro clienti, ma anche come
scommesse dirette, altera la lettura dei loro bilanci dove i valori
dei diversi investimenti vengono accreditati come se fossero soldi
liquidi, cosa che non sono, così anche i bilanci bancari diventano,
in parte, scommesse, che a volte si perdono …
Ma
anche qui, non viene creato alcun valore, ma solo spostato da un
investitore all'altro, unitamente al fatto che alcuni valori bancari
(capitalizzazione) sono alterati dal possesso di valori di titoli
molto labili, che non sono SOLDI, ma previsioni di incasso di soldi.
LE
TASSE
Le
TASSE sono il tormentone dei cittadini. Nessuno ama pagarle, eppure
non si può farne a meno, salvo vivere di pesca in un'isola deserta.
Tuttavia i sistemi fiscali sono innumerevoli, come lo è il loro peso
sulle tasche dei cittadini. Tralasciamo la distinzione tra TASSE ed
IMPOSTE che trovo irrilevante. Vediamo invece :
- Perché le tasse
- Tasse su CHI e che su cosa
Perché
le tasse ?
La
loro origine è antica, e non è il caso di fare qui dei riferimenti
storici. Ci interessa invece sottolineare come le tasse vengano
sempre imposte dal POTERE in carica, pagate dai cittadini che si
riescono a raggiungere. In teoria le tasse debbono coprire la SPESA
PUBBLICA cioè il costo di tutti quei servizi resi ai cittadini nel
loro insieme, servizi che il singolo cittadino non potrebbe
procurarsi da solo. Essenzialmente :
- Difesa e sicurezza
- Viabilità (strade, ponti, ecc)
- Giustizia
Oggi
anche molti altri servizi.
In
realtà le tasse sono sempre servite anche, e SOPRATUTTO, per pagare
altro :
- in passato lo sfarzo dei regnanti e dei nobili
- gli eserciti e le guerre
- oggi la classe politica e burocratica, oltre ai tanti veri servizi collettivi.
La
percezione di iniquità delle tasse dipende dal fatto che la quota
dedicata ai servizi appare insufficiente rispetto alla quota dedicata
ai privilegi delle classi al potere.
Valeva
in passato e vale oggi. Questo porta spesso alcuni cittadini su
posizioni addirittura negazioniste, anarchiche, in cui si prefigura
la scomparsa dello Stato, servizi inclusi, pur di cancellare le
tasse. Si tratta di posizioni insensate, perché una qualsiasi
organizzazione sociale ha bisogno di servizi comuni e di spese
comuni.
In
un condominio nessuno si meraviglia di avere servizi comuni (scale,
ascensore, centrale termica, tetto) e di pagare spese comuni per
l'esercizio e manutenzione di tali servizi.
La
distorsione nasce, nella spesa pubblica, quando non ci si limita più
all'essenziale, ma si espande la spesa pubblica sino a coprire
servizi molto diversi, che potrebbero essere resi da privati su
richiesta degli interessati, oppure servizi assistenziali ai più
deboli, ecc, ecc.
La
spesa pubblica, nei regimi comunisti, è arrivata a coprire la
PRODUZIONE DI STATO anche di beni di uso corrente, sulla base di una
ideologia che assegnava allo Stato ogni ruolo produttivo, deprivando
interamente il privato, almeno sulla carta.
Quale
che sia l'ideologia che governa uno Stato, la spesa pubblica va
coperta da ENTRATE che dovrebbero essere le TASSE, anche se quasi
tutti gli stati ricorrono anche ad indebitamento e/o stampa di
valuta.
Tasse
su CHI e che su cosa
CHI
: essenzialmente i cittadini, in un modo o nell'altro, quelli che
hanno un REDDITO, perché senza reddito manca la base stessa del
prelievo fiscale. Un bambino non paga tasse: come potrebbe?
Il
reddito è il corrispettivo in soldi di una prestazione lavorativa o
produttiva.
Lo
Stato, in tutti i paesi del mondo, tassa i redditi delle persone
fisiche. Da noi si chiama IRPEF.
Ma
non si limita a questo: tassa anche le COSE, cioè i consumi. Si
chiama IVA (imposta sul valore aggiunto) ma non solo. Infatti alcuni
Stati (Italia in testa) applicano altre tasse sulle cose che
consumiamo, nelle forme più fantasiose : accise, bolli, dazi,
“diritti”, ecc, ecc.
Non
basta : lo Stato applica delle tasse anche alle IMPRESE, sul loro
UTILE, a prescindere dall'uso che ne viene fatto. Questa tassazione,
leggera in alcuni paesi, pesante in altri, ha in sé un baco logico,
perché le imprese, tutte, sono STRUMENTI di lavoro, non persone
fisiche, e se è vero che le tasse sono destinate a coprire il costo
dei servizi, questi vengono resi alle persone fisiche, non ai loro
strumenti. Anche un servizio reso ad una impresa è in realtà reso
alle persone fisiche che fanno uso di quella impresa, titolari e
dipendenti. Ma tant'è, le imprese pagano tasse.
Riassumendo
:
- tasse sui redditi delle persone fisiche
- tasse sui consumi (IVA, ecc)
- tasse sulle imprese
Sono
indispensabili tutte e tre ? In teoria no. Ciò che importa allo
Stato è disporre di entrate sufficienti a coprire i suoi costi. Che
poi queste entrate derivino da redditi, consumi o imprese, è
secondario. Siccome la spesa pubblica è sempre TANTA ed i
contribuenti cercano invece di scappare, lo Stato tassa tutto il
tassabile, purché sia raggiungibile.
Ma
la suddivisione delle tasse ha anche altre ragioni.
Prima
di proseguire aggiungiamo un'altra distinzione, in funzione della
DESTINAZIONE delle entrate fiscali : tasse di scopo e tasse
generaliste.
Le
tasse di scopo sono entrate specifiche, destinate ad una spesa
specifica.
La
TARI è una tassa specifica destinata a coprire lo smaltimento
rifiuti.
Il
Canone RAI copre specificamente le spese RAI .
I
contributi previdenziali, che NON sono una tassa, ma le somigliano,
sono entrate de destinare alla sola copertura della spesa
previdenziale, e non altro.
In
passato esisteva una tassa specifica per coprire le spese del
Servizio Sanitario Nazionale.
Oggi
queste spese sono coperte dalla fiscalità generale.
Un
sistema fiscale di massima trasparenza darebbe molta diffusione alle
tasse di scopo: so quanto pago a fronte di cosa. Con le tasse
generaliste, invece, pago, ma non so in cambio di cosa.
Queste
sono le più diffuse, perché lasciano alla Pubblica Amministrazione
la massima discrezionalità di spesa.
Torniamo alle tasse sui redditi o sulle cose.
Se
le tasse fossero solo sulle cose, il carico fiscale sarebbe
uniformemente distribuito su queste, a prescindere dal potere di
acquisto del cittadino consumatore. Se un litro di benzina costa 1,5
€ tasse incluse, questa cifra è la stessa per il miliardario, e
per chi percepisce un reddito minimo. Il carico fiscale è
irrilevante per il miliardario, pesante per il consumatore povero. Il
vantaggio sarebbe che chi consuma poco crea risparmio, disponendo di
tutto il suo reddito, esentasse.
Questo
tipo di tassazione scoraggia i consumi delle fasce meno abbienti.
Se
le tasse fossero solo sui redditi, anche con una sola aliquota
fiscale uguale per tutti, i ricchi contribuirebbero più dei poveri
alle entrate fiscali dello stato. Questo effetto viene amplificato
dalle aliquote variabili e progressive in funzione del reddito, come
previsto nella nostra Costituzione.
Un
tale metodo incoraggia i consumi, perché la pressione fiscale è
concentrata sui soli redditi.
E'
un bene incoraggiare i consumi ? Si e no, perché scoraggia il
risparmio, che ha una funzione economica rilevante, per i cittadini
consumatori come per le imprese.
Da
qui la necessità di una politica fiscale equilibrata, che suddivida
il carico fiscale tra redditi e consumi, senza scoraggiare i consumi,
ma neppure il risparmio.
E le
imprese? La fiscalità applicata all'utile lordo d'impresa penalizza
l'impresa, perché sottrae risorse economiche destinabili al suo
sviluppo. I soldi che restano in azienda, e non vengono distribuiti
agli azionisti (tassabili sul reddito) ne aumentano la
capitalizzazione, quindi la solidità, la capacità di investimento,
lo sviluppo. Ma lo Stato pare infischiarsene, con una sola
giustificazione: immagina che l'impresa dirotterebbe altrove il suo
utile, se fosse esentasse, per poi distribuirlo altrove alle stesse
persone fisiche, sottraendole alla fiscalità nazionale.
Invece
di adoperarsi per impedire che questo accada, preferisce
semplificare, tassando l'utile lordo, senza per questo riuscire ad
impedire l'elusione fiscale ottenuta con i medesimi metodi che
l'impresa potrebbe usare per distribuire utile d'impresa a persone
fisiche in maniera non trasparente.
SPESA
PUBBLICA, DEFICIT E PIL
Premesso che un certo livello di spesa pubblica è indispensabile, COSA questa debba coprire è opinabile e dipende all'orientamento politico. Quale che sia il suo importo, resta il fatto che la spesa pubblica sono SOLDI, e per alimentare queste USCITE di soldi servono ENTRATE.
Qualsiasi
casalinga sa che può spendere non più di quello che guadagna,
possibilmente meno, per risparmiare qualcosa, per fare fronte alle
emergenze. La casalinga lo sa, lo Stato no.
Infatti
lo stato si indebita alla grande perché spende più di quanto
guadagna. Fa deficit e per coprire le spese in più si indebita.
Lo
fanno anche le famiglie qualche volta, ma con cautela, sapendo che il
debito va restituito, altrimenti il bene acquistato viene sequestrato
dal creditore. Lo Stato si sente forte : chi può sequestrare cosa? E
a chi, poi ? Lo Stato è una astrazione ! Le persone fisiche no !
Così
lo Stato si indebita a dismisura, anche a causa degli interessi
passivi che il debito comporta.
Alcune
visioni politiche si fondano sull'espansione della spesa pubblica :
si concentrano sulle NECESSITA' e la spesa conseguente non è per
loro evitabile. Se mancano le entrate di copertura, o si aumentano le
tasse o si fa debito. Quanto debito ? Anche tanto !
Il
quantum viene determinato rapportando, in percentuale, il deficit al
PIL (prodotto interno lordo) un indicatore che ci dice quanta
ricchezza venga prodotta e consumata nel paese.
Il
deficit del 2,6% significa che il 2,6% del PIL nazionale è pari alla
differenza tra USCITE ed ENTRATE dello stato. Questo valore dovrebbe
essere = zero (entrate = uscite) e preferibilmente negativo (entrate
maggiori delle uscite), per costituire risparmio.
L'altro
indicatore è il rapporto tra il debito complessivo ed il PIL (132%
!!! in Italia).
I due indicatori si influenzano a vicenda. Con un rapporto debito/PIL modesto, anche un deficit superiore al 3% del PIL potrebbe essere TEMPORANEAMENTE accettabile, per far fronte a situazioni contingenti. Ma se il rapporto debito/PIL supera il 100% !!!
Per
capirci, è come se, per restituire TUTTO E SUBITO il debito
pubblico, noi dovessimo devolvere ai creditori l'intero reddito
nazionale di un anno (100%) ed oltre (132%).
Ma
torniamo alla spesa pubblica ; si è detto che può riguardare
un'infinità di cose. Notiamo che, quale che sia la destinazione
iniziale di spesa, i soldi finiscono nelle tasche di una moltitudine
di persone, non soltanto dei diretti percettori. Anche il super
stipendio di un politico verrà speso, e quindi alimenterà diversi
canali economici, i medesimi di chi ha un reddito da lavoro privato.
Persino
il reddito da corruzione poi viene speso ed alimenta l'economia.
La
DISTORSIONE è puramente distributiva, riguarda cioè la
distribuzione dei benefici economici tra i diversi percettori.
In
Italia la spesa pubblica supera il 50% del PIL nazionale. Significa
che metà della spesa privata nazionale dipende dal giro di soldi
pubblico, fatto di tasse e debiti.
Se
da un giorno all'altro fosse possibile dimezzare la spesa pubblica,
il 25% del PIL nazionale andrebbe in fumo. Il risparmio potrebbe
abbattere velocemente il debito, ma il rapporto tra debito e PIL
potrebbe persino salire : 132-25= 107; 100-25=75 ; 107 / 75 = 142%
In
altre parole : ad ogni diminuzione della spesa pubblica dovrebbe
corrispondere un aumento di PIL privato almeno equivalente. In questo
caso il rapporto debito/PIL potrebbe scendere.
Abbiamo
trascurato per semplicità la riduzione di debito dovuta a minori
interessi.
Quindi
per abbattere questo rapporto serve CRESCITA ECONOMICA, non legata a
spesa pubblica.
Questa,
in teoria, potrebbe venire stimolata da un risparmio fiscale
corrispondente in tutto o in parte al risparmio di spesa pubblica.
Forse, perché non è automatico che un risparmio fiscale venga
investito per produrre ricchezza. Se venisse investito in finanza
l'effetto sarebbe zero.
Secondo
alcune teorie economiche, bene o male interpretate, la crescita
economica può essere stimolata da un aumento della spesa pubblica.
Il ragionamento è :
TASSE
> ENTRATE FISCALI > SPESA PUBBLICA > CONSUMI PRIVATI > +
PRODUZIONE
>
+ REDDITI > + TASSE …....
Questa
relazione è solo parzialmente vera. Infatti è vero che la maggiore
spesa pubblica distribuita genererà dei consumi (ma non è certo !
Molti redditi potrebbero essere investiti in finanza, che non produce
crescita). Più consumi possono implicare più produzione nazionale
(ma potrebbe invece essere estera !) e possono indurre maggiore
occupazione.
L'effetto
moltiplicativo, però, non è scontato.
L'intera
spesa pubblica potrebbe venire CONSUMATA e non investita. Il consumo
senza investimenti non produce nuova ricchezza. Oppure potrebbe
venire investita in FINANZA, che non produce nuova ricchezza.
Non
solo: anche la spesa pubblica considerata INVESTIMENTO non è MAI un
investimento produttivo. Se investo X milioni di € in una azienda
che produce scarpe, questa produrrà un reddito per l'investitore e
per i dipendenti, per molti anni a venire, sino a quando resta sul
mercato.
Ma
se costruisco un ponte, una strada, una qualsiasi infrastruttura che
NON realizzi un servizio pubblico A PAGAMENTO, quell'investimento
darà lavoro ad aziende e maestranze per un certo periodo di tempo;
poi fine; tutti a casa.
La
stragrande maggioranza della spesa pubblica che conosciamo NON ha un
ritorno economico.
Spendi
e basta, anche quando crei infrastrutture utili. Non avendo un
ritorno economico, NON CREA RICCHEZZA.
Infatti
la RICCHEZZA si produce solo e soltanto quando i ricavi superano i
costi. SEMPRE !
Se i ricavi pareggiano i costi c'è solo TRASFERIMENTO DI RICCHEZZA tra operatori economici, ma alla pari.
Se i ricavi pareggiano i costi c'è solo TRASFERIMENTO DI RICCHEZZA tra operatori economici, ma alla pari.
L'ERRORE
di alcune scuole di pensiero dipende da una ignoranza di fondo di
alcuni principi fisici, veri anche in economia : non si può creare
qualcosa dal NULLA. La materia si può solo TRASFORMARE. La RICCHEZZA
altro non è che la trasformazione della materia in aggregati più
utili per i nostri bisogni, disponibili in maggior numero. Il NUMERO
DI ATOMI non cambia !
Cambia
la molteplicità delle loro aggregazioni in un numero di aggregati
crescente ed utile al nostro fabbisogno.
Si
può tuttavia sostenere che alcuni investimenti pubblici abbiano un
ritorno economico : SCUOLA, CULTURA, RICERCA. Si, il SAPERE aiuta a
produrre ricchezza, anzi, ne è il presupposto.
Però
non è un rapporto automatico. Se lo Stato italiano spende per la MIA
formazione culturale e poi io vado a farla fruttare all'estero, per
lo Stato Italiano è stata una perdita secca.
Inoltre
io non restituirò mai allo Stato i soldi che ho ricevuto per la mia
formazione culturale, non in maniera riconoscibile, almeno. Se questa
formazione fa di me un PRODUTTORE DI RICCHEZZA la restituzione ci
sarà attraverso le tasse che pagherò, sempre che resti in Italia,
sempre che io non abbia un impiego pubblico, pagato con le tasse.
IL REDDITO DEI
DIPENDENTI PUBBLICI
Non
se ne rendono conto, ma il loro reddito è esentasse. Non pagano né
tasse né contributi previdenziali. Formalmente lo fanno, se
guardiamo la busta paga, ma è solo un giro conto nella Pubblica
Amministrazione. Hanno un reddito lordo di 100 (che proviene dalle
tasse), intascano 60 al netto, e quei 40 di differenza sono solo
tasse altrui (del privato) non devolute alle loro tasche.
In
realtà guadagnano 60 esentasse.
Le
loro pensioni vengono pagate a fronte di contributi previdenziali
“formalmente” pagati, ma solo formalmente: si tratta solo di
tasse non utilizzate per quel dipendente.
Per
i privati il reddito NON proviene dalle tasse e quelle che pagano
sono TASSE VERE.
Anche
le pensioni dei dipendenti pubblici sono calcolate sulla base dei
versamenti previdenziali VIRTUALI, non reali. Teniamo anche conto del
fatto che il sistema previdenziale italiano è del tipo a
ripartizione : significa che le pensioni vengono pagate con i
contributi previdenziali di chi è ancora al lavoro, sulla base di un
implicito patto inter-generazionale.
Questo
è rigorosamente vero per i lavoratori del settore privato.
Nel
pubblico impiego, invece, i lavoratori non versano nulla, in
concreto, per cui i pensionati del settore pubblico vengono pagati,
ancora una volta, con le tasse correnti.
Mi riferisco solo al primo capitolo in cui dimentichi due cose di fondamentale importanza: il passaggio dalle monete in oro alla valuta coniata con metalli e carta dal valore nominale garantito dallo stato è avvenuta perché con l'oro si finiva inevitabilmente in una situazione in cui alcuni accumulavano capitali di un valore tale da metterli in condizione di ricattare i regnanti e gli stati. Se il valore è nell'oro e per qualche motivo tizio ha più soldi del Re o dello stato di turno ecco che comincia a prestarglieli, con interessi, accrescendo il proprio potere fino al punto da costringere il sovrano ad ucciderlo o a una guerra se questo è protetto da un altro paese asservito. Con la valuta invece l'oro sta ben sicuro nei forzieri e se la situazione si fa pesante il Re o lo stato svaluta e dice allo strozzino "io i soldi me li posso stampare da solo e il tuo capitale diminuisce di valore ogni volta che lo faccio". Cero l'operazione non è indolore, ma qui entra in gioco la seconda cosa che non hai detto: il venditore di frecce, quando la sua moneta è svalutata, il giorno dopo le vende al doppio del valore. Si chiama inflazione ed è la crescita dei prezzi che mantiene stabile il valore dopo una svalutazione. Chiaro che le frecce sul mercato nazionale dovrà venderle a minor prezzo, ma anche lì avrà minor spese per la materia prima che gli serve per costruirle. Alla fine la svalutazione si traduce in una perdita di valore dei capitali in valuta locale, valore che è recuperato dallo stato e ridistribuito nel circuito economico.
RispondiEliminaSul discorso in merio all'oro, si, è vero quello che dici, o meglio ERA vero in secoli lontani, quando i RE chiedevano presti in oro ai ricchi ebrei per pagare le loro guerre ed altro. Il discorso però NON è più stato vero in epoche recenti, dove la detenzione di oro era confinata nei vari Fort Knox degli stati, in larga prevalenza. Il punto è un altro : l'espansione dell'economia e degli scambi rendeva insufficiente la quantità di oro disponibile come contropartita della liquidità da mettere in circolazione.
RispondiEliminaSe la convertibilità in oro non fosse stata annullata, oggi l'oro varrebbe forse 1 milione di $ al grammo.
Non avrebbe senso.
In merito alla seconda parte del tuo commento, nelle "lezioni" io parlo anche di inflazione e di manipolazione delle valute e descrivo le conseguenze di queste operazioni, che ho misurato di persona in Sud America, dove sono sempre state di moda. Vai a vedere cosa succede al venditore di frecce ...
Leggi il secondo capitolo.
RispondiElimina