Milano

mercoledì 12 settembre 2018

GLI INTERESSI SUL DEBITO PUBBLICO

Lo Stato Italiano ha un debito pubblico di circa 2300 miliardi di €, di cui circa due terzi in mani italiane, in larga misura attraverso il sistema bancario, e circa un terzo in mani straniere.
Questo debito costa allo Stato Italiano qualcosa come 65 miliardi di € (2017) e dipende dai tassi di interesse applicati alle varie e missioni, nel corso degli anni, quando i tassi erano molto più elevati di quelli attuali. Purtroppo, quando i BTP vengono emesse con scadenze "lunghe" (anche decine di anni) questi si trascinano un tasso di interesse magari molto elevato, oggi inattuale.

L'errore gravissimo dello Stato Italiano (ma non solo suo) , nel corso degli anni è stato quello di fare troppe emissioni a lunga scadenza (10 anni ed oltre) contando su elementi che, alla luce di una analisi razionale delle cose, denotano debolezza, assenza di lungimiranza, pigrizia ed incompetenza.

Infatti, quando i tassi sono elevati non ha senso fare emissioni a lunga scadenza, con la prospettiva che i tassi scendano. Il farlo presume una totale sfiducia nella capacità dell'ente emittente (il Tesoro) di riuscire a piazzare sul mercato nell'immediato futuro altri BTP per sostituire quelli scaduti.
Allora si costituisce un debito con scadenza a "babbo morto" in modo da incassare soldi freschi "subito" mentre a restituirli ci penseranno altri, un domani ....
UNA POLITICA IRRESPONSABILE E COLPEVOLE.

65 Miliardi su 2300 corsipondono ad un tasso medio dell'ordine di pcco meno del 4% annuo.
Viene spontaneo chiedersi : ma perché non RIMBORSARE anticipatamente i vecchi debiti, sostituendoli con nuovo debito, di analogo importo ma negoziato a tassi più favorevoli?
Io non so se esista una qualche maledetta leggina che lo impedisce, ma le leggi sono fatte per essere cambiate, ed il nuovo Parlamento potrebbe farlo.

Nel privato accade : l'ente emittente, autonomamente, anticipa la scadenza e la restituzione del capitale. Intendiamoci : non è così semplice, sopratutto perché il valore di mercato di questi titoli a tassi elevati supera il loro valore nominale. L'eccesso di valore equivale grossomodo al valore residuo degli interessi sino a scadenza naturale. Quindi, se lo Stato Italiano dovesse rimborsare tali titoli in anticipo al loro valore di mercato non avrebbe molta convenienza a farlo: sarebbe come pagare in anticipo tutti gli interessi futuri maturabili. 

Ma lo Stato, in fin dei conti, non è un privato cittadino e gli interessi collettivi superano quelli individuali. Se lo Stato restituisce a Mr. X , supponiamo, 1000 € nominali di BTP al tasso del 6%, che oggi, supponiamo, valgono sul mercato 1'200 €, non "ruba" realmente a Mr. X qualcosa, salvo il maggior guadagno atteso grazie ad una condizione di mercato dei tassi diversa da quella del tempo in cui lui aveva effettuato l'investimento, un guadagno sul quale l'investitore, probabilmente, non aveva neppure scommesso, non potendo avere la sfera di cristallo, ma che la fortuna gli ha recato in dono.
Io, pur da liberale, credo che un tale "sacrificio" si possa chiedere a chi, comunque, rientra in possesso del suo capitale iniziale ed ha guadagnato su questo, nel corso di anni, interessi superiori a quelli correnti. 
Allora perché non farlo ? Il Governo sta raschiando il fondo del barile per cercare soldi con cui finanziare le mirabolanti promesse formulate nel corso della campagna elettorale sia da Lega che da M5S. Una ventina di miliardi di interessi risparmiati sarebbero una bella boccata di ossigeno !

Ma ... c'è sempre un "ma" in tutte le cose : questi BTP sono in pancia al sistema bancario italiano, privati a parte. Per i privati non cambia molto, salvo la perdita di un fortunoso guadagno futuro.
Per le banche è diverso, perchè quei BTP al, supponiamo, 120% o altro valore di mercato, fanno parte delle "attività" nel bilancio della banca, e diminuirne il valore, sia pure col vantaggio di incassare del "cash", riducendo il rischio legato al debito, potrebbe destabilizzare il conto patrimoniale di qualche banca.
Allora non se ne fa nulla ? Neanche per idea : si tratta di aprire una trattativa con le banche, per vedere sino a che punto è possibile "stressarle" con una tale operazione senza fare danni.
Al punto in cui siamo ogni miliardo di € di interessi risparmiati dallo Stato è grasso che cola.
In parlalleo si dovrebbe mettere in atto una OPERAZIONE FIDUCIA nel debito pubblico italiano, con l'obiettivo di ridurlo significativamente, in modo da ridurre il famigerato SPREAD con i Bund tedeschi, cioè la differenza di tasso in più che lo Stato italiano paga per indebitarsi rispetto allo Stato Tedesco.

Senza misure come queste ed una robusta forbice sulla spesa pubblica imporduttiva nazionale è ridicolo parlare di riduzioni fiscali e di reddito di cittadinanza: piedi per terra e neuroni accesi !

lunedì 27 agosto 2018

EUROPA ED EURO, NON NECESSARIAMENTE INSIEME

La crisi dei migranti rischia di fare a pezzi l'Unione, così com'è ora, almeno. 
Io condivido la posizione FERMA di Salvini su questo tema, e le minacce di Conte in merito ai contributi alla U.E.
Al di la dei risvolti di carattere pratico, certo non semplici (vedi Brexit) la Commissione Europea DEVE cambiare registro, DEVE imboccare una SVOLTA, altrimenti avranno ragione quanti sostengono, come la Lega, che da questa U.E. occorre venire fuori, se di fatto è più di ostacolo che d'aiuto alla capacità di sviluppo italiano, già debole di suo.

MA NON SIGNIFICA RITORNARE ALLA LIRA !
Infatti un paese può adottare la valuta che gli pare, per i suoi scambi interni ed esterni.
Questa cosa è tutto fuor che chiara nella testa della gente.
Voler avere una valuta nazionale propria è una scelta, ma non la sola. Per gli scambi commerciali si può utilizzare qualsiasi cosa.
Non a caso, prima dell'Euro, gli europei usavano il $ per gli scambi commerciali extraeuropei.
L'Italia potrebbe usare il $ anche per i suoi scambi interni, o qualsiasi altra valuta, a scelta.

Scegliere una valuta NON SOVRANA ha il difetto di non consentire ai governi manovre di ordine valutario (in genere deleterie) ma anche adesso è così : l'Italia non può "manovrare" l'Euro, quindi ...
Merkel, Macron & C. facciano attenzione !
Sino ad oggi il distacco dall'Europa e la crisi monetaria sono state considerate come elementi indissolubili, ma non lo sono.
Se l'Italia si distaccasse dalla U.E. il valore dell'Euro crollerebbe, e ne risentirebbero TUTTI i paesi europei, non solo noi. 
Ma gli € dei nostri C.C. resterebbero quello che sono, con il medesimo valore dei tedeschi e di tutti gli altri.
Naturalmente, chi avesse nel frattempo convertito i suoi risparmi in $ ci guadagnerebbe alla grande.

mercoledì 9 maggio 2018

I CERTIFICATI DI CREDITO FISCALE


Ci sono moltissime imprese italiane che vantano crediti, anche importanti, nei confronti dello Stato (o amministrazioni locali; P.A. In genere), ma lo Stato non paga, perché non ha soldi. Alcune aziende falliscono, o rischiano di fallire.
Un modo potrebbe essere pagarle con dei BTP di valore equivalente al loro credito, ma questo implica un visibile aumento miliardario del debito pubblico, non sostenibile e che scatenerebbe le reazioni UE.
Un modo originale ed innovativo potrebbe essere quello di pagarle con certificati di credito fiscale (CCF) , cioè dei documenti, al portatore, come fossero banconote, che consentano a qualsiasi impresa uno sgravio fiscale di importo equivalente.
In questo modo tali certificati potrebbero essere ceduti in pagamento ad altre imprese in utile, visto che per loro equivarrebbero a denaro contante, potendo scaricarne l'importo dal loro imponibile fiscale.

Una tale manovra equivarebbe ad una riduzione fiscale importante, non strutturata e non equamente distribuita, ma sotto il profilo della solidarietà con il mondo delle imprese e tra le imprese stesse sarebbe risolutiva.
Lo Stato, naturalmente, dovrebbe far fronte alle minori entrate fiscali, ma non è forse quello che il centro destra va sbandierando e che lo stesso M5S non schifa ?
E allora che cosa aspettiamo ?

Mi spiego meglio : un CCF sino a quando non viene presentato all'incasso è come un assegno. La firma sull'assegno non lo fa contabilizzare solo perché emesso, sino a quando non viene incassato. Comunque va vista la distinzione tra contabilità per competenza o per cassa, rigorosa nel privato, niente affatto nel pubblico: basta esaminare a fondo un bilancio comunale per accertare la commistione.

Ma supponiamo una contabilità rigorosa per cassa : sino a quando il CCF non viene incassato, non può figurare nella contabilità. Ma c'è di più : il CCF non è una "spesa" ma una minore entrata, e le entrate del bilancio statale sono "stimate" e contabilizzate a consuntivo. Il debito pubblico non aumenta perché diminuiscono le entrate, ma perché aumenta la spesa, e per coprirla si chiedono prestiti, emettendo titoli come BOT/BTP.
Perché se non si emettono titoli il debito resta immutato.
E supponiamo una contabilità rigorosa per competenza : in questo caso le fatture dei fornitori, anche se non pagate, sono iscritte a debito, e poco importa il fatto che non siano stati richiesti prestiti compensativi (BOT/BTP) : il debito è a bilancio.
A questo punto, se emetto BTP per il controvalore e pago i fornitori, il debito non cambia.

In conclusione : se faccio contabilità per competenza, tanto vale pagare i fornitori a fronte emissione BTP. Se la faccio per cassa no, perché il debito non compare.
In ogni caso i fornitori vanno pagati, o compensando la spesa con emissione di titoli, o diminuendo altre spese per pari importo, o compensando i fornitori con bonus fiscali negoziabili (CCF). La sola cosa che NON si può fare è non pagare i fornitori e farli fallire.

Ing. Franco Puglia
9 Maggio 2018

giovedì 21 dicembre 2017

PROPOSTA DI RIFORMA DELL'IMPOSTA SULLE PERSONE FISICHE

La fiscalità italiana è caotica, incostituzionale, oppressiva, depressiva dello sviluppo economico, perciò vulnus centrale dei problemi del paese. Circolano proposte generiche su una FLAT TAX da parte del centro-destra, proposte che, in assenza di precisazioni, si prestano ad essere interpretate come un regalo alle classi più abbienti del paese (aliquota fissa del 15% o 25%) con aggravio delle classi più disagiate. Un ottimo libro di Nicola Rossi, dell'Istituto Bruno Leoni, offre una ben diversa interpretazione della FLAT TAX, ma non è esaustivo e non rappresenta ancora una proposta organica di riforma fiscale.

La proposta di Svolta Europea che è possibile scaricare da: 
Proposta di riforma dell'imposta sulle persone fisiche 
offre invece una visione più organica e strutturata di un possibile progetto di riforma fiscale, fondato su una sola aliquota di calcolo dell'imposta sulle persone fisiche ma anche su una consistente detrazione delle spese del cittadino, sino a 15'000 €/annui, in ossequio al dettato dell'Art. 53 della Costituzione e con il preciso obiettivo di creare un conflitto di interessi tra consumatori e produttori di beni e servizi, unitamente ad una riduzione dell'uso del contante per pagare le spese detraibili.  
La sostanziosa detrazione delle spese determina inoltre una progressività del carico fiscale che grava sui contribuenti, con un limite di non imponibilità fiscale fissato a 15'000 € annui ed un contributo di sostegno per i redditi inferiori, tanto maggiore quanto minore è il reddito. Allo stesso tempo il carico fiscale IRPEF non eccede il 30% del reddito imponibile, per qualsiasi reddito, per quanto elevato.

lunedì 16 ottobre 2017

IRPEF PROGRESSIVA O ALIQUOTA FISSA ?

LA PROPOSTA DI RIFORMA FISCALE DEL BRUNO LEONI

in un libro di Nicola Rossi


Un incontro tra liberali, per i liberali, organizzato da Edoardo Croci, il 14 ottobre 2017, per parlare di fisco, di tasse, con autorevoli relatori, tra cui Carlo Scognamiglio, lo stesso Nicola Rossi, Benedetto Della Vedova, Stefano Parisi e, dulcis in fundo, Oscar Giannino.Molti altri nomi vecchi e meno vecchi della storia liberale italiana del 20°secolo. Numerosi interventi brevi dal pubblico, programmati in precedenza. Ha presentato e coordinato l'incontro, naturalmente, Edoardo Croci.
Quanto detto nell'incontro merita alcuni commenti preliminari, in attesa di una mia recensione dettagliata del libro, dopo averlo letto nella sua interezza.
La proposta descritta nel libro di Nicola Rossi “VENTICINQUE PERCENTO, PER TUTTI” riprende il tema della FLAT TAX, una sola aliquota non progressiva nella fiscalità IRPEF al posto delle attuali aliquote crescenti in funzione del reddito. 

Ne parliamo su : IRPEF PROGRESSIVA O ALIQUOTA FISSA ? 

e più diffusamente su Recensione sul libro di Rossi e mie proposte